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Pubblicato inSalute

Monitoraggio Covid, autoisolamento e quarantena a casa

La fase 2 e oltre. La battaglia contro il Covid passa anche fuori dalle pareti dell’ospedale, con l’autoisolamento e il monitoraggio costante dei sintomi.

monitoraggio covid come combattere il covid a casa

Il monitoraggio del Covid-19, insieme all’autoisolamento e alla costante osservazione dei sintomi, rappresentano un presidio indispensabile per sconfiggere la malattia e i sintomi da Coronavirus. Insieme, certamente, al vaccino.

La dottoressa Sara Melzi è Dirigente di I livello del Reparto di Medicina Generale all’Ospedale di Vimercate. In questa intervista ci spiega le ragioni per le quali la lotta al Coronavirus dovrà essere fatta anche fuori dall’ospedale.

Monitoraggio Covid: quando è previsto?

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Alla prima comparsa dei sintomi, quando il paziente ha effettuato un test antigenico rapido o molecolare dall’esito positivo, è prevista la quarantena. L’autosorveglianza, in queste circostanze, beneficia di uno strumento semplice e importante: il saturimetro.

Le nuove regole del Ministero della Salute sono, al riguardo, il riferimento principale. Consigliamo pertanto di consultare le pagine dedicate alla prevenzione e cura del Covid-19. Di seguito, le risposte della dottoressa Melzi alle nostre domande.

Quale importanza ricopre il monitoraggio Covid a domicilio?

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Il monitoraggio domiciliare riveste un’importanza fondamentale. Dopo la fine della prima fase, la fase viremica, in cui il virus si replica senza causare particolari danni, arriva la cascata infiammatoria. Ed è un momento critico, perché può essere seguito da un peggioramento rapido.

Nei casi in cui il virus dovesse attaccare i polmoni, si renderebbe necessario il ricovero.

Misurare i parametri nella prima fase serve?

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Sì, perché le condizioni di un paziente affetto da Covid potrebbero ingannare. Per questa ragione bisogna misurare la saturazione in ogni caso, anche prima di eventuali difficoltà respiratorie a carico del paziente, come nel caso della dispnea. È qui che possiamo ricorrere al saturimetro.

Basta applicarlo su un dito per ottenerne dei valori. Fino al 97% i valori sono buoni, sotto il 94% iniziano a chiedere la nostra attenzione. Quando tosse, febbre persistente, astenia e valori bassi di saturazione sono diventati una costante, il ricovero deve avvenire in tempi estremamente rapidi. Anche prima dell’insorgenza di difficoltà respiratorie.

In reparto può infatti accadere che arrivino pazienti con polmoni pesantemente attaccati, condizione che richiede il ricorso alla terapia intensiva.

Come si fa l’autosorveglianza da Covid?

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Ogni giorno dobbiamo effettuare la misurazione della febbre e della saturazione dell’ossigeno. Dai 37,5°C e oltre, quanto la febbre non va via in pochi giorni e intervengono altri sintomi, è il caso di chiamare i numeri di emergenza forniti dal Ministero della Salute.

Questi stessi parametri devono essere oggetto di monitoraggio da parte di una équipe medica, che segua a distanza il paziente che si trovi a domicilio. Mi occupo della supervisione del Monitoraggio Covid-19 del Centro Medico Santagostino. Questo servizio ha proprio l’obiettivo di intervenire per tempo al minimo segnale di peggioramento.

A quali sintomi bisogna prestare attenzione?

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I sintomi sono molteplici. Il carico maggiore è sulle vie respiratorie, parliamo allora di sintomi quali rinorrea, mal di gola, tosse e difficoltà respiratorie.

Questa infezione può interessare altri organi, determinando quindi sintomi differenti. Tutti sintomi, questi, visti sul campo: diarrea, congiuntivite, esantema, perdita dell’olfatto e alterazioni del gusto, cefalea retronucale.

Questi sintomi hanno una loro incidenza, ma possono non destare particolare preoccupazione. Il massimo grado di attenzione va sempre posto sui sintomi respiratori.

Durante il ricovero, quali farmaci funzionano?

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Al riguardo, purtroppo, c’è una inevitabile confusione. I dati che utilizziamo per operare le nostre scelte terapeutiche ci arrivano da tutto il mondo, e in questo senso operiamo dei continui aggiustamenti di tiro.

I principali farmaci adottati attualmente sono l’azitromicina, in funzione antibiotica e antinfiammatoria, quindi l’enoxaparina, un antitrombotico, per 10 giorni circa.

Spesso è di aiuto il cortisone. Quando la situazione lo richiede, usiamo il tocilizumab, un antireumatico o il remdesivir, antivirale, se abbiamo a che fare con pazienti più compromessi. Quando si presentano ulteriori gravità, ricorriamo all’intubazione e alla ventilazione forzata.

In teoria questi farmaci potrebbero essere assunti anche in casa, durante l’eventuale quarantena, ma nella pratica non succede. Sono farmaci che non prevedono una somministrazione di lunga durata.

Dopo le dimissioni, il paziente può essere considerato guarito?

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Purtroppo no, non subito. La convalescenza raggiunge anche diverse settimane. Un monitoraggio, per possibili ricadute, soprattutto per la dispnea e per la febbre, deve essere svolto. Il recupero fisico è di vitale importanza sia per il corpo che per il benessere psicologico della persona.

Va aggiunto come durante il periodo dell’ultimo anno moltissimi cittadini hanno completato il ciclo vaccinale e ricevuto la dose booster, o la dose di richiamo. Queste due variabili hanno alleggerito notevolmente la pressione su strutture e personale ospedaliero.

Ad oggi, accanto al vaccino, quali azioni possiamo compiere per proteggerci?

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Lavarsi le mani sempre, soprattutto se abbiamo il sospetto di avere toccato qualcosa di contaminato.

Il distanziamento sociale, poi, è ancora uno strumento importantissimo, specie nei luoghi chiusi e affollati, come può accadere nelle aule delle scuole, insieme alla mascherina ffp2. Soprattutto perché chiunque di noi può essere portatore sano.

Ricordo che chi ha completato il ciclo vaccinale primario, da meno di 120 giorni, anche in caso di contatto stretto, non è vincolato alla quarantena preventiva. Ma in caso positivo e con sintomi, e in assenza di ricovero, il monitoraggio a casa da remoto dimostra la sua utilità.