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Pubblicato inSalute

Hiv e Aids, in Italia la prevenzione non è ancora una conquista definitiva

A fronte di un calo globale nel mondo, il numero di contagi nel nostro paese è costante da anni. E 7 sieropositivi su 10 non sanno di esserlo

L’Aids fa meno vittime, le nuove infezioni calano, ma in Italia, negli ultimi 3 anni il numero delle nuove diagnosi è costante. Segno che sulla prevenzione e sulla diagnosi precoce c’è ancora molto da fare e si possono fare ulteriori passi avanti.
Partiamo dai numeri.
Nel mondo, secondo Unaids le nuove infezioni HIV e le morti da AIDS sono globalmente diminuite: si stima una riduzione del 38% di nuove infezioni e del 35% di casi di AIDS, dal 2005.
L’Italia si pone al 12° posto per incidenza (ossia per numero di persone che scoprono di essere HIV positive) nei Paesi dell’Unione Europea, con un numero totale di casi /anno di 3.695 persone. L’età più colpita è 25-29 anni, il sesso più colpito è quello maschile (79% dei casi nel 2014), il 27% di nazionalità straniera. Negli ultimi 3 anni, come dicevamo, il numero delle nuove diagnosi è costante. Vi è invece una riduzione nel numero dei decessi per malattia conclamata (AIDS).

In Italia è drasticamente ridotta la trasmissibilità attraverso l’uso di aghi contaminati nei tossicodipendenti, grazie al ridotto consumo di eroina e morfina per via iniettiva, e quella legata alle trasfusioni di sangue, grazie ai severi controlli che vengono eseguiti.

La principale via di trasmissione dell’infezione è costituita da rapporti sessuali non protetti. I rapporti sessuali penetrativi da maschio a maschio ma anche da maschio a femmina per via anale sono quelli più a rischio di trasmissione. La presenza di malattie a trasmissione sessuale (gonococco, sifilide, clamidia, micoplasma) aumenta il rischio di trasmissibilità.

È evidente quindi il ruolo fondamentale della prevenzione per arrivare a ridurre ulteriormente i casi di contagio.


Secondo un’indagine Doxa realizzata nel 2013 tra i giovani dai 16 ai 34 anni per conto di Cesvi, 1 giovane su 3 non percepisce il contagio come un rischio reale e non si protegge. Solo il 35% dei ragazzi e delle ragazze in Italia, sebbene sappia che la via di trasmissione principale è quella sessuale, usa abitualmente il preservativo nelle proprie relazioni e solo il 29% dichiara di aver fatto il test dell’Hiv.
Invece il costante e corretto uso del preservativo riduce considerevolmente il rischio di infezione: riduce dell’80% il rischio di infezione se il partner è positivo. Fondamentale anche la diagnosi precoce dell’infezione , ovvero l’esecuzione del test di screening per l’HIV ogniqualvolta si sospetti o si tema un rapporto a rischio (ad esempio i rapporti sessuali non protetti con partner occasionale di cui non si conoscano le abitudini, specie se tra omosessuali maschi o con migranti).

L’HIV test o test ELISA consiste nel fare un prelievo di sangue e nel verificare la presenza o assenza di anticorpi specifici. Determina l’infettività ma non lo stato di malattia (AIDS). Si può eseguire ovunque (anche al Centro Medico Santagostino), ha un basso costo, vanno però attesi dai 3 ai 6 mesi dal rapporto a rischio perché il test sia attendibile. Va inoltre ripetuto in caso di positività. Esistono anche test precoci, eseguibili dopo 30-45 giorni dal rapporto a rischio, che vanno ripetuti dopo 3 mesi in caso di positività.
Va comunque tenuto presente che il rischio di infezione è molto basso per un singolo rapporto a rischio (0,3-0,6%), aumenta con l’aumentare delle esposizioni.

In Italia , una quota crescente di persone Hiv positive è inconsapevole della propria sieropositività. Tra il 2006 e il 2014 tale quota è aumentata e dai dati 2014 risulta essere il 71%: in pratica, oltre 7 malati su 10 non sanno di esserlo fino alla diagnosi di Aids conclamata..

Questi dati dimostrano che in Italia la percezione del rischio di contrarre l’infezione da HIV è bassa.
È necessario diffondere la conoscenza dell’infezione delle vie e delle modalità di contagio, aumentando così la percezione del rischio, sensibilizzare le fasce a rischio (giovani, omosessuali maschi, immigrati) sull’importanza di adottare un comportamento responsabile, incentivando l’utilizzo delle misure di prevenzione (uso del preservativo, esecuzione dell’HIV test se ci si è esposti ad un rischio), monitorare e trattare le malattie a trasmissione sessuale (esecuzione dei tamponi vaginali in sede di visita ginecologica).

Esistono altre forme di prevenzione, come la profilassi post-esposizione: se c’è un rischio potenziale elevato dopo un rapporto non protetto, va iniziata la terapia farmacologica entro massimo 48 ore dal rapporto e prolungata per 28 giorni. C’è poi la terapia con farmaci retrovirali in gravidanza per le donne sieropositive, che ha ridotto a meno del 2% in Europa e in USA il rischio di trasmissione materno fetale dell’infezione.

Nuove linee guida e nuove strategie di prevenzione sono derivate dalla Conferenza Mondiale AIDS 2012 , sulla quale si basano le nuove linee guida Oms 2013 e le linee guida italiane del ministero della Salute 2014. La loro applicazione punta a evitare 3 milioni di morti per Aids da qui al 2025 e prevenire 3,5 milioni di nuove infezioni nel mondo, con l’obiettivo di azzerare le nuove infezioni da Hiv da qui al 2030.

Terapia precoce

COSA è cambiato rispetto al passato:
La raccomandazione è di iniziare la terapia farmacologica antivirale non appena sia accertato lo stato di infettività, anche in assenza di sintomi e con normalità della conta dei linfocitiT. In tale fase di malattia la terapia precoce blocca la replicazione del virus e riduce la possibilità di trasmettere l’infezione e riduce la possibilità di ammalarsi di AIDS.
La terapia attualmente a disposizione non ha la capacità di eliminare il virus, ma ha quella di migliorare la prognosi, evita la forma conclamata di infezione o AIDS, dando una prospettiva di vita a lungo termine e riduce la capacità di trasmissione del virus, quindi la contagiosità.
Consiste nella associazione di tre dei diversi tipi di farmaci antiretrovirali a disposizione , cha vanno assunti quotidianamente per tutta la vita, sottoponendosi ai regolari controlli prescritti. Si sta lavorando anche sulla messa a punto del vaccino, che si trova ancora in fase di sperimentazione umana.
In Italia attualmente ci sono 23.000 pazienti HIV+ in terapia.