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Pubblicato inSalute

Influenza, il vaccino non è ancora una buona abitudine

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Solo il 17% di un campione di pazienti del Centro Medico Santagostino dichiara che ha fatto o che farà la vaccinazione anti influenza. Salvo poi, quando si ammala, ricorrere ai farmaci sintomatici (lo fa oltre il 60%). Colpa (anche) di molte false credenze sul vaccino. I dati di un sondaggio e i consigli dello pneumologo per un inverno a prova di virus

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«Gli esperti prevedono che, dopo anni di stagioni miti, l’influenza di quest’anno si presenterà più severa: 6-7 milioni di italiani a letto, contro i meno di 5 milioni della scorsa stagione. Tutto questo fa prevedere un maggior carico di complicanze che porteranno a 11mila morti contro gli 8mila della stagione 2015-16». Parola dell’esperto, il dottor Benedetto Rho, pneumologo del Centro Medico Santagostino. «Andiamo a farci vaccinare,», invita Rho, «perché la vaccinazione è ancora il primo strumento di prevenzione per la diffusione della malattia (al Centro Medico Santagostino è disponibile il vaccino quadrivalente contro l’influenza a 25 euro)». L’invito vale in particolare per le categorie a rischio (per esempio i soggetti sopra i 65 anni ed affetti da particolari malattie), ma quest’anno i medici di famiglia consigliano la vaccinazione anche per le persone sane tra i 50 e i 60 anni, che a causa della mutazione del virus saranno a breve più colpite dall’influenza.

Nonostante questi e simili inviti, tuttavia, la copertura vaccinale resta bassa. Abbiamo indagato sulle abitudini rispetto all’influenza attraverso un questionario sottoposto a un campione di pazienti del Centro Medico Santagostino (187 persone, il 77,5% donne, il 25,5% uomini, con una distribuzione di età abbastanza uniforme e un livello di scolarizzazione alto).

Solo il 17,1% del campione dichiara di aver fatto o che farà il vaccino antinfluenzale. La maggioranza di chi dice no dichiara di non farlo perché non appartiene alle categorie a rischio (35,1%), il 26,6% dichiara che non c’è nulla di male ad ammalarsi ogni tanto, un 13% ritiene non sicuro il vaccino, il 10,4% dichiara di non averne bisogno perché non prende mai l’influenza.

A un’altra domanda (nella quale gli intervistati potevano scegliere più opzioni) il 37% ha detto di pensare che il vaccino sia fondamentale per prevenire influenza e complicanze soprattutto in categorie a rischio, il 25% pensa che nella gran parte dei casi previene efficacemente l’influenza, il 17% che sia assolutamente sicuro, mentre ben il 42% ritiene che non sia in realtà così efficace e che l’influenza può venire lo stesso, il 19% che sia solo un modo per arricchire l’industria farmaceutica, l’11% che abbia degli effetti collaterali pericolosi.

«È bene precisare», spiega il dottor Rho, «che il vaccino anti-influenzale non solo è assolutamente sicuro, ma anche che ha un’efficacia, in soggetti sani adulti, variabile dal 70 al 90%, riducendo  la mortalità legata all’influenza del 70-80% in quanto, anche se non sempre riescono a prevenire l’infezione, agiscono riducendo in modo sostanziale la frequenza delle sue complicazioni. Molte persone non si vaccinano perché in una precedente somministrazione hanno avuto una reazione febbrile entro le 24-48 ore successive, Si tratta di una reazione possibile, espressione che il nostro organismo si sta immunizzando: una reazione fisiologica, che è sempre meglio dell’influenza».

Il questionario indaga poi sulle abitudini del campione quando arriva l’influenza. Il 41,4% dichiara di usare sempre farmaci sintomatici (antipiretici, antinfiammatori, antidolorifici, calmanti per la tosse) quando si ammala, il 26,9% non lo fa mai o quasi mai, il 23,1% solo su prescrizione del medico. Quanto agli antibiotici, il 62,6% dichiara di farne uso solo se il medico riconosce che ci sono delle complicanze batteriche e glieli prescrive, il 21,9% dichiara di non prenderli perché “inutili per l’influenza”, il 12,3% di non prendere mai antibiotici e solo l’1% insiste col medico per farseli prescrivere.

«La terapia dev’essere solo sintomatica, con antipiretici, calmanti per la tosse, sintomatici per i dolori o la diarrea», precisa Rho. «Attenzione: con l’influenza l’antibiotico non serve. Va somministrato dal medico curante solo nel caso in cui si sospetti una complicanza».

«Quel che è fondamentale il riposo a letto a casa», raccomanda Rho. «Chi continua ad andare in giro e al lavoro nonostante l’influenza contagia gli altri, non guarisce e va incontro a complicanze come bronchiti e polmoniti».

Consiglio non molto seguito dal nostro campione: solo il 27,3% dichiara di stare a riposo ogni volta che si prende l’influenza, mentre il 41,2% dichiara di attendere di “stare veramente male” e il 21,4% di farlo solo con febbre alta. Il 10,2% del campione non si mette mai o quasi mai a riposo.

Esistono poi delle norme fondamentali, al di là del vaccino, per prevenire la diffusione del virus. Abbiamo chiesto ai pazienti se le applicano (anche in questo caso era possibile la risposta multipla). L’89% mette la mano davanti alla bocca quando tossisce o starnutisce, il 77,5% lava più volte al giorno e con accuratezza le mani, il 54% sta a casa quando hai l’influenza, il 47% evita di stare a contatto con persone ammalate, il 34,8% evita, nei limiti del possibile, i luoghi affollati durante i picchi di influenza, solo il 16% evita di affidare i bambini ammalati a nonni ultrasessantacinquenni.

«Sono norme fondamentali», spiega Rho, «perché il freddo sicuramente contribuisce alla diffusione a causa dell’abbassamento delle difese immunitarie, ma non è il freddo a farci ammalare, ma il contagio che avviene soprattutto nei luoghi chiusi e particolarmente affollati».